Mokdad Zmitri, Meriem
Les « Objets-reliques » et l’inquiétante étrangeté des images transgénérationnelles
- 2021.
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L’auteure désigne par « objets-reliques » ces objets matériels transmis de génération en génération. Elle les suppose incarner et susciter l’inquiétante étrangeté des images psychiques transgénérationnelles en même temps que détenir le potentiel de les transformer pour les mettre/remettre au service d’un processus de subjectivation fluide et désaliéné. En s’appuyant sur deux vignettes cliniques, l’auteure met en lumière ce travail de transformation à travers ce qu’elle désigne par le « fantasme prosopopéïque » et la « pulsion portraitiste ». The author refers to these material objects transmitted from generation to generation as “relic objects”. She supposes that they embody and arouse the uncanny strangeness of transgenerational psychic images while at the same time holding the potential to transform them in order to be used in the service of a fluid and disalienated process of subjectivation. Using two clinical vignettes, the author highlights this work of transformation through what she calls the prosopoeic fantasy and the portraitist impulse. L’autore designa per “oggetti-reliquie” questi oggetti materiali trasmessi di generazione in generazione. Suppone che esse incarnino e suscitino l’inquietante stranezza delle immagini psichiche transgenerazionali e che, allo stesso tempo, abbiano il potenziale di trasformarle per metterle al servizio di un processo di soggettivazione fluido e disalienato. Utilizzando due vignette cliniche, l’autore mette in evidenza questo lavoro di trasformazione attraverso ciò che definisce la fantasia prosopoeica e l’impulso ritrattistico. L’autore designa per “oggetti-reliquie” questi oggetti materiali trasmessi di generazione in generazione. Suppone che esse incarnino e suscitino l’inquietante stranezza delle immagini psichiche transgenerazionali e che, allo stesso tempo, abbiano il potenziale di trasformarle per metterle al servizio di un processo di soggettivazione fluido e disalienato. Utilizzando due vignette cliniche, l’autore mette in evidenza questo lavoro di trasformazione attraverso ciò che definisce la fantasia prosopoeica e l’impulso ritrattistico.